La ricerca continua della Qualità clinica: outcomes, PROMs e patient experience

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Antonio Davide Barretta
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Di Riccardo Bui, Direttore Generale IRCCS Istituto Clinico Humanitas*

I pazienti chiamano qualità clinica il buon esito di un intervento o l’efficacia delle terapie. Per i professionisti della Sanità, questo termine ha un significato molto più complesso, frutto di una cultura che, negli ultimi decenni, si è via via strutturata in metodi, trasparenza e inclusione del punto di vista dei pazienti nella cabina di regia del miglioramento del sistema salute.

Nell’ambito della misurazione della qualità delle strutture ospedaliere si possono dividere due approcci: la valutazione ex-ante, basata su standard stabiliti a priori da rispettare – ad esempio le certificazioni e gli accreditamenti – e le valutazioni ex-post che misurano gli esiti delle cure. In genere, queste ultime riguardano tre aspetti: la soddisfazione dei pazienti, l’efficienza e l’efficacia, intesa come capacità di produrre gli effetti desiderati. Proprio sulla valutazione dell’efficacia si sono concentrati i maggiori sforzi per misurare e confrontare sistemi e provider, così da avere leve di miglioramento costante. Tra la fine degli anni ‘90 e l’inizio del nuovo millennio diverse esperienze hanno cambiato la percezione della qualità in Sanità e si sono concentrate sulla misurazione e la condivisione con la popolazione degli esiti di ospedali e sistemi sanitari.

A livello internazionale, tra le esperienze più note c’è stata quella portata avanti dal NHS insieme a Dr Foster per confrontare le strutture a partire dagli esiti raccolti in database amministrativi. Un lavoro che ha posto, forse per la prima volta, molta enfasi sulla trasparenza e sulla responsabilità delle strutture sanitarie nel Regno Unito. Negli stessi anni, la statunitense Agency for Healthcare Research and Quality (AHRQ) ha sviluppato 4 moduli di indicatori: di prevenzione, per i ricoveri, per la sicurezza e per i pazienti pediatrici.

Negli ultimi anni, il settore sanitario a livello mondiale si sta orientando sempre più verso un approccio basato sul valore (Value-Based Healthcare). Questo modello si focalizza sulla qualità dell’assistenza, misurata in termini di risultati rilevanti per i pazienti in rapporto ai costi sostenuti per raggiungerli. L’obiettivo è massimizzare gli esiti che i pazienti sperimentano rispetto al costo sostenuto per offrirli.

Da questo punto di vista, la nascita di ICHOMInternational Consortium for Health Outcomes Measurement ha portato ad un nuovo approccio che integra i Patient-Reported Outcome Measures (PROMs). In questo modello, ai gruppi multidisciplinari indetti per sviluppare gli indicatori partecipa anche una rappresentanza dei pazienti. Ad oggi ICHOM ha sviluppato 45 set di misurazione degli esiti centrati sul paziente. In tale contesto assume particolare significato la misurazione del “valore” – ossia ciò che è realmente importante per i pazienti – nella convinzione che la sostenibilità dei sistemi sanitari passi attraverso la ricerca di un rapporto virtuoso tra valore/costi e non tanto e solo outcome/costi.

In Italia, l’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali (Agenas) svolge un ruolo cruciale nel promuovere e monitorare la qualità dei servizi sanitari. Tra le sue attività più importanti c’è il Programma Nazionale Esiti (PNE), nato per raccogliere e diffondere dati sugli esiti clinici. Questi includono più di 170 indicatori di salute specifici, come la mortalità e le riammissioni in ospedale dopo un intervento, e alcuni indicatori di processo per varie patologie e interventi. Fanno parte del campione di analisi più di 1400 ospedali italiani.

Il PNE contribuisce al monitoraggio della qualità dell’assistenza sanitaria in Italia e alla sua comunicazione trasparente, promuovendo la responsabilizzazione delle strutture per una maggiore consapevolezza da parte dei pazienti nella scelta di dove curarsi. In questi anni di monitoraggio, molti indicatori sono migliorati in termini sia di performance sia di variabilità tra strutture e regioni, rinforzando il concetto che la misurazione e la trasparenza dei risultati clinici porti tutti gli ospedali del sistema sanitario italiano a migliorare gli esiti delle cure. Un esempio può essere l’indicatore del trattamento per colecisti con degenza post operatoria minore di 3 giorni, che dal 69% del 2015 è arrivato all’83% del 2022: significa che, oggi, circa 7.500 pazienti all’anno vengono trattati con un tempo di degenza inferiore, riducendo i rischi di una più lunga ospedalizzazione. Un altro esempio dell’efficacia del PNE e della pubblicazione dei dati è l’indicatore che misura la proporzione di nuovi interventi di resezione entro 120 giorni da un intervento conservativo per tumore maligno della mammella. L’indicatore era 8.9% nel 2015 ed ora è il 5.4%, risparmiando, a circa 1.300 pazienti, un secondo intervento nei quattro mesi successivi al primo.

La mission di Humanitas pone come uno dei capisaldi il miglioramento della qualità clinica e del servizio ai pazienti. A partire dal 2010, epoca in cui nascevano i primi sistemi di benchmark di qualità di cui ho parlato in precedenza, si è consolidato il processo di miglioramento della qualità clinica, anche grazie allo sviluppo di strumenti digitali di monitoraggio interno e alla diffusione di una forte cultura del miglioramento e della misurazione. Questo percorso ha coinvolto tutti: dai clinici allo staff, con l’obiettivo comune di fare sempre meglio per i pazienti. Un esempio di progettualità attuata è stata la “mortalità zero” in chirurgia elettiva, ovvero la sfida di tendere al numero minimo di decessi per pazienti ricoverati per chirurgia di elezione.

La strategia di implementazione si è fondata sul governo clinico, tramite il comitato mortalità. In tutti i casi in cui si verifica un decesso connesso ad atto chirurgico, vengono discussi e analizzati le cause e i conseguenti miglioramenti possibili, in un tavolo permanente che include Direzione Sanitaria, la Direzione Qualità e i clinici coinvolti. Grazie alla continua revisione dei protocolli clinici e organizzativi, nonostante un contesto di complessità clinica crescente (+10% di peso APR DRG dal 2015 al 2023) la mortalità chirurgica elettiva si è sensibilmente ridotta: da 0,17% nel 2015 a 0,1% nel 2023.

Il monitoraggio mensile di tutti gli indicatori, svolto dal management ma allo stesso tempo reso accessibile a tutte le famiglie professionali dell’ospedale, ha contribuito in modo fondamentale nell’orientarci a migliorare gli esiti in tutti gli ambiti.

Negli ultimi anni si è rinforzata una strategia collettiva di miglioramento dei servizi ai pazienti, anche in questo caso orientata da sistemi di monitoraggio della patient experience. Oggi, entro 3 giorni dalla dimissione, il 35% dei pazienti ricoverati in Humanitas risponde a un questionario digitale di 18 domande sul servizio ricevuto, lasciando anche commenti, utilizzati per migliorare i servizi. L’analisi dei feedback della patient experience ha indirizzato diverse progettualità aziendali. Ad esempio, nel 2021 è stato riprogettato il modello clinico-organizzativo di prericovero in funzione del rischio clinico dei pazienti e della procedura, migliorando il percorso clinico, e contestualmente, riducendo il tempo non a valore del paziente all’interno dell’ospedale.

Negli ultimi anni a livello globale sta assumendo crescente importanza la rilevazione e la misurazione di PROMs (Patient Reported Outcome Measures). I PROMs hanno l’obiettivo di misurare gli esiti dei trattamenti dal punto di vista del paziente. Sono indicatori basati su questionari in cui i pazienti stessi sono chiamati a definire alcuni aspetti della propria qualità di vita rispetto ai trattamenti che hanno eseguito. I questionari sono spesso patologia-specifici e si concentrano sugli outcome rilevanti per i pazienti (il recupero di funzionalità, la qualità della vita, la sfera emotiva e psicologica, lo svolgimento delle attività quotidiane o lavorative).

L’ospedale usa già questionari PROMs nell’ambito di molteplici specifici protocolli di ricerca, ma dal 2021 abbiamo voluto intraprendere un percorso con lo scopo di estenderne l’utilizzo a una platea più ampia di pazienti trattati e di completare la nostra conoscenza degli esiti clinici, con la finalità ultima di disporre di informazioni per migliorare.

Sono stati quindi messi a disposizione strumenti per la rilevazione di PROMs dei pazienti, utilizzando questionari validati e condivisi con i clinici, raggiungendo negli ultimi due anni oltre 6.000 pazienti. Abbiamo iniziato somministrando questionari sulla qualità della vita generalisti (EQ5D-3L) ai pazienti ricoverati per trattamenti funzionali. Abbiamo poi proseguito adottando questionari dedicati a singole patologie o trattamenti (ad esempio ASES per la spalla, WOMAC per il ginocchio e i questionari validati da ICHOM per le patologie delle mano). Nel complesso abbiamo raggiunto buoni risultati, con un tasso di risposta superiore al 50%. Il percorso in cui siamo impegnati ci sta portando in questi mesi ad approcciare i pazienti oncologici, utilizzando i questionari di qualità della vita di EORTC e soprattutto a sviluppare un modello clinico e organizzativo in cui i PROMs siano parte integrante del percorso dei nostri pazienti.

All’aumento della qualità percepita dal paziente contribuiscono inoltre le attività di digitalizzazione, dalla cartella clinica elettronica a tutti i servizi per il self check-in, televisite e consultazione di documentazione medica da remoto. Attività che facilitano la continuità di cura e semplificano l’esperienza.

La qualità clinica è al tempo stesso un obiettivo e un percorso. Sicuramente è anche una questione etica, perché da essa dipendono la salute delle persone e la sostenibilità del sistema. Al di là di indicatori e processi, va sempre ricordato che non esiste percorso di miglioramento senza la passione, il coinvolgimento e il contributo di ogni professionista che lavora in ospedale.

Per approfondimenti è possibile rivolgersi ai seguenti contatti:

e-mail: riccardo.bui@humanitas.it claudia.broglio@humanitas.it

tel: 02 82242270

* Nota dell’autore: questo articolo è dedicato a Marco Albini, ambasciatore dei valori di Humanitas e appassionato di qualità clinica, per la quale è stato, in questi anni, un punto di riferimento per moltissimi colleghi.

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