Universalismo: un termine da declinare

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14 Maggio 2025

di Elio Borgonovi

La discussione che ho avuto recentemente con un collega, mi ha stimolato a riflettere sul concetto di universalismo, che è uno dei pilastri del Servizio Sanitario Nazionale. Infatti, il collega ha sostenuto che il termine universalismo non deve e non può essere qualificato, mentre a mio parere è opportuno, anzi necessario, qualificarlo. Innanzitutto, per superare l’opposizione di principio di chi sosteneva, ai tempi dell’approvazione della 833/78, e ancora oggi sostiene che “non si può garantire tutto a tutti”, osservazione facilmente superabile ricordando che il Servizio Sanitario Nazionale definisce livelli essenziali di assistenza e quindi stabilisce chiari confini per la garanzia pubblica.

È stato più complicato confrontarmi con il collega sul fatto che l’universalismo, pur nei limiti dei LEA, deve confrontarsi con il principio di “realismo”. Innanzitutto universalismo non significa garantire le stesse prestazioni a tutti, ma significa garantire prestazioni diverse per bisogni diversi. Quindi va distinto il concetto di universalismo basato sull’uguaglianza di prestazioni a quello basato sulla equità della risposta ai bisogni. Di fronte a bisogni, che sono diversi per condizioni personali e famigliari, sono necessarie prestazioni diverse, in questo caso alcuni studiosi hanno proposto la definizione di “universalismo proporzionale” che a mio parere si pone nella linea della salute personalizzata, di precisione, oltre che preventiva e predittiva.

In secondo luogo occorre declinare anche il principio secondo cui “di necessità si deve fare virtù”. In un sistema con risorse limitate, di cui in questa sede non è possibile discutere le cause e i rimedi, la realtà evidenzia che una parte significativa di prestazioni diagnostiche, terapeutiche, riabilitative, non si trasforma poi in prestazioni ottenute o, come si dice “consumate”. Alcune ricerche empiriche hanno dimostrato che in Regioni del nord con sistemi considerati abbastanza efficienti, il fenomeno riguarda tra il 30 e il 50% delle prescrizioni. In queste situazioni si ha una selezione ex post dovuta al fatto che a causa delle liste di attesa, chi ha possibilità di tipo economico si rivolge direttamente al privato (tramite assicurazioni, fondi integrativi, pagamento auto pocket) e chi non ha la disponibilità economica rinuncia alle prestazioni. Di fronte a questa situazione nasce una riflessione: è meglio continuare nella situazione attuale nella quale, è superfluo dirlo, vengono penalizzati i gruppi socialmente ed economicamente deboli o è meglio suggerire soluzioni del tipo “prescrivere solo ciò che il sistema è in grado di garantire effettivamente”? Questa seconda soluzione sul piano operativo significa che il prescrittore (MMG o Specialista) deve essere in grado di prenotare automaticamente le prestazioni che intende prescrivere.

Assumere il principio secondo cui occorre prescrivere solo ciò che può essere effettivamente erogato, significa responsabilizzare il prescrittore sulla appropriatezza delle prescrizioni e sulla necessità di comparare l’utilità a fini diagnostici e terapeutici delle prescrizioni tra diversi pazienti.

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