AAA pionieri cercasi! Nuove idee per navigare la complessità in sanità

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Il problema della carenza di personale sanitario è una questione seria, inutile girarci intorno. Non c’è settore risparmiato dalle rapide e profonde trasformazioni ma quello sanitario, forse più di ogni altro, si trova a un bivio cruciale. Oltre alle sfide cliniche, su cui i progressi sono ormai da fantascienza, è arrivato il momento di affrontare anche le sfide organizzative.

Da dove iniziare? Un buon medico inizierebbe dal sintomo. E uno dei sintomi più evidenti del disagio organizzativo attuale è il fenomeno del “quiet quitting”, definito come quella condizione in cui i lavoratori limitano il loro impegno al minimo indispensabile, smettendo di andare oltre le aspettative. Questo atteggiamento, nel settore sanitario, non solo riduce l’efficienza operativa ma compromette anche profondamente la qualità dell’assistenza al paziente. Aggravato dall’avvicendarsi di tre generazioni diverse – i millennial, la Generazione Z e, più recentemente, i membri della generazione Alpha, attualmente nelle fasi iniziali della loro educazione – il divario tra le aspettative lavorative e la realtà organizzativa si allarga, evidenziando la necessità di adottare risposte concrete e innovative.

Quando mia madre è entrata nel sistema sanitario, il tecnico faceva il tecnico, il medico il medico e così via. Poi, ricordo bene quanto molti suoi colleghi hanno smesso di occuparsi di medicina e sono diventati sindacalisti o manager. Hanno dovuto imparare un nuovo mestiere, si sono affidati alle teorie scientifiche della gestione aziendale che includono pianificazione, organizzazione, comando, coordinamento e controllo, al budgeting, al project management coi suoi diagrammi di Gantt, eccetera. Bene, tutti questi strumenti manageriali sono nati nei primi quindici anni del 1900. Approcci, sebbene una volta rivoluzionari, che ormai appaiono inadeguati per affrontare le sfide di un ambiente così dinamico e complesso come quello sanitario. La loro applicazione rigida può risultare in soluzioni stantie che mal si adattano alle necessità di un’organizzazione moderna, bisognosa di innovazione e flessibilità. Di nuovo, e quindi?

La cosa più saggia potrebbe essere quella di fare diventare normale la condizione di “tempesta” e introdurre strumenti di navigazione più moderni e soprattutto meno legati al vecchio e caro millenovecento. Parlo di metodologie “Agile” per favorire una maggiore adattabilità e una risposta più veloce alle esigenze dei pazienti, mandando in soffitta la rigida strutturazione per progetti in favore di team multifunzionali e iterazioni rapide.

Ma parlo anche di organizzazioni “Teal”, coi loro principi di autogestione, pienezza e scopo evolutivo per avere organizzazioni che vivono e si evolvono come organismi, in cui ogni membro contribuisce con piena consapevolezza e creatività verso un obiettivo comune. Altro che “quiet quitting”!

Ecco una cosa che possiamo salvare dei primi del Novecento è il “pensiero sistemico”. Usato talmente poco che è ancora come nuovo! Fondamentale per il futuro, questo approccio promuove un’analisi olistica dei sistemi, essenziale per comprendere le complesse interdipendenze organizzative. Le organizzazioni, soprattutto nel settore sanitario, possono trarre grandi benefici dal pensiero sistemico per abbracciare una visione complessiva che consideri l’interconnessione delle parti, facilitando una gestione più sostenibile e una maggiore capacità di adattamento alle sfide future.

Infine, potremmo preferire l’antifragilità alla resilienza (concetto, quest’ultimo, che comunque ha più di cinquant’anni, portati discretamente). L’antifragilità ci insegna che, al contrario di ciò che è semplicemente robusto, ciò che è Antifragile si fortifica con il disordine. Nel contesto sanitario, questo significa creare sistemi che non solo resistono agli shock ma si evolvono attraverso di essi, sfruttando principi come l’iatrogenesi (il danno causato dalla cura medica) e l’ormesi (la stimolazione positiva derivante da stress lievi) per costruire una “resilienza organizzativa” senza precedenti.

Servono pionieri! Persone che – come Taylor, Ford, Fayrol, Gantt nei primi del novecento – introducano innovazioni organizzative destinate a durare per i prossimi cent’anni. Non servono esperti di ieri ma pionieri di domani. Non ci serve una nuova generazione di manager (annoiati) che applicano vecchie ricette a nuovi problemi; ci servono innovatori, visionari capaci di vedere oltre gli schemi predefiniti e di immaginare un futuro della sanità radicalmente diverso.

La strada da percorrere è complessa e piena di sfide, ma c’è in ballo qualcosa di grande: un sistema sanitario più umano, efficiente e sostenibile, capace non solo di rispondere alle crisi ma di evolversi attraverso di esse. A tutti coloro che sentono la chiamata a essere parte di questa trasformazione, il messaggio è chiaro: il futuro è ora, e ha bisogno di noi.

Lorenzo Sciadini

Evoluzione delle pratiche manageriali

  • Budgeting: prendere forma nei primi anni del 1900, introducendo la prevedibilità finanziaria e il controllo nei processi organizzativi.
  • Diagramma di Gantt: creato da Henry Gantt (1910-1915), visualizza in modo rigido la pianificazione e il tracciamento di progetti.
  • Efficienza e ripetitività: Henry Ford, 1913. Rivoluziona la produzione e le pratiche organizzative.
  • Teoria scientifica della gestione: Frederick Taylor, inizio 1900. Promuove ottimizzazione e divisione del lavoro.
  • Principio di Fayol: Henri Fayol, 1916. Definisce i fondamenti della gestione aziendale, influenzando le strutture organizzative.
  • Bilancio a base zero: anni ’70, reimposta il budgeting su principi di revisione e controllo costante delle spese.
  • Controllo statistico della qualità: anni ’20 ha rivoluzionato la qualità ed a dato il via per metodologie come la Six Sigma
  • Ricerca operativa: seconda Guerra Mondiale, alla base della gestione ottimale delle risorse e della risoluzione dei problemi.
  • Cultura aziendale: primi del ‘900 nascono i concetti di valori condivisi e pratiche organizzative di gruppo.