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Riprendiamo la rassegna social della Top Voice Nicola Montano. In particolare analizziamo il suo post che ragiona su un interessante studio giapponese che evidenzia una marcata differenza di genere negli outcome dei pazienti curati da medici donne e medici uomini: i pazienti, sia femmine che maschi, trattati da medici donne avevano un tasso di mortalità significativamente inferiore rispetto a quelli trattati da medici uomini [Vai al post>> https://lnkd.in/dZbjMwTi.].

Lo studio pubblicato sugli Annals of Internal Medicine ha analizzato quasi 800.000 pazienti ricoverati tra il 2016 e il 2019, confermando che il genere del medico può influenzare gli outcome dei pazienti, con un vantaggio per quelli curati da medici don

Commenti di LinkedIn al post di Montano

Il post di Nicola Montano ha suscitato vari commenti e reazioni nella sua community di LinkedIn: Grazia Nitti, Alberto Grassetto, Sara Vecchiato, Enrico Clini, Sebastiano Rizzo, Massimo Burghignoli, Riccardo Massei, Anna Temperini, Enrica Milani, Mirko Mantovani, Carla Cantiani, Ilaria Galetti, Antonello Porcheddu, Gianluca Botto.

Considerazione della redazione

Lo studio giapponese condiviso da Nicola Montano ha sollevato un interessante dibattito sulla possibile influenza del genere del medico sugli outcome dei pazienti. Sebbene i risultati suggeriscano un vantaggio per i pazienti curati da medici donne, è importante considerare alcune limitazioni dello studio retrospettivo su dati amministrativi.

Come sottolineato da alcuni commenti, studi di questo tipo potrebbero non riuscire a correggere adeguatamente per tutte le variabili confondenti, come la gravità della malattia, le comorbidità e altri fattori che potrebbero influenzare gli outcome. Inoltre, l’analisi si basa su una popolazione anziana di pazienti Medicare, il che potrebbe limitare la generalizzabilità dei risultati ad altre fasce di età o contesti sanitari.

Tuttavia, lo studio solleva interrogativi interessanti sulle possibili differenze nelle modalità di comunicazione, empatia e approccio alla cura tra medici uomini e donne, che potrebbero influenzare gli outcome dei pazienti. Ulteriori ricerche, con disegni di studio più robusti e un’attenta correzione per le variabili confondenti, sarebbero necessarie per confermare o confutare questi risultati preliminari.

Nel complesso, questo studio e il dibattito che ne è seguito sottolineano l’importanza di considerare le differenze di genere nella pratica medica e di promuovere un’equa rappresentanza di entrambi i sessi nella forza lavoro sanitaria. Un approccio inclusivo e attento alle diverse prospettive potrebbe portare a una migliore qualità delle cure per tutti i pazienti.

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