Un’interpretazione ragionata del contributo di Luigina Mortari al Forum Sistema Salute 2024
In questa Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, abbiamo scelto di riflettere su come il sistema sanitario possa abbracciare pienamente il principio fondamentale dell’umanità nella cura delle donne che hanno subito violenza. Partendo dal pensiero di Luigina Mortari, che ha partecipato all’ultima edizione del Forum Sistema Salute | Leopolda, vogliamo ragionare su come la cura autentica si manifesti attraverso la pratica dell’attenzione e della presenza consapevole, dove l’operatore sanitario si pone in un atteggiamento di ascolto profondo e di apertura all’altro.
Il principio dell’umanità al centro, cardine del Manifesto “La Salute Bene Comune“, acquisisce un significato ancora più profondo quando parliamo di donne che hanno vissuto l’esperienza della violenza. Non si tratta semplicemente di curare ferite fisiche, ma di accogliere una persona nella sua interezza, con la sua storia, le sue paure, i suoi silenzi. Il sistema sanitario diventa così uno spazio di cura che va oltre la dimensione puramente clinica, trasformandosi in un luogo dove la donna può ritrovare la propria dignità e iniziare un percorso di guarigione che abbraccia corpo, mente e spirito.
L’approccio alla cura, quando parliamo di violenza contro le donne, richiede quella che la Mortari definisce una “postura etica“: un modo di essere presente che riconosce la debolezza non come debolezza, ma come condizione umana fondamentale che richiede rispetto e protezione. Gli operatori sanitari sono chiamati a sviluppare quella che potrebbero chiamare una “competenza della delicatezza“, dove ogni gesto, ogni parola, ogni sguardo diventa parte di un processo di cura che rispetta i tempi dei silenzi di chi ha subito violenza.
La pratica dell’attenzione, centrale nel pensiero della Mortari, si traduce nella capacità di cogliere non solo i segni evidenti della violenza, ma anche quelli più sottili, quelli che si nascondono dietro un sorriso forzato o uno sguardo sfuggente. È un’attenzione che richiede tempo, pazienza, e soprattutto la capacità di creare uno spazio sicuro dove la donna possa sentirsi libera di raccontare la propria storia senza timore di giudizio.
Il sistema sanitario, quando abbraccia veramente il principio dell’umanità, diventa un luogo dove si pratica quella che Mortari chiama “l’etica della cura“: un approccio che riconosce l’interconnessione tra le persone e la necessità di rispondere ai bisogni dell’umanità. altro con competenza e compassione. Questo significa creare protocolli di accoglienza che non siano solo procedure standardizzate, ma percorsi flessibili che si adattano alle necessità specifiche di ogni donna.
La formazione degli operatori sanitari deve quindi includere non solo competenze tecniche, ma anche quella che potrebbe definire una “educazione del cuore“: la capacità di essere presenti in modo autentico, di ascoltare senza giudicare, di accompagnare senza forzare. Come ci ricorda Mortari, la cura autentica richiede un continuo lavoro su se stessi, una costante riflessione sulle proprie pratiche e sui propri pregiudizi.
Il sistema sanitario può e deve diventare un punto di riferimento per le donne che subiscono violenza, un luogo dove l’umanità non è solo un principio astratto, ma una pratica quotidiana che si manifesta in ogni interazione. Questo significa anche riconoscere che la guarigione non è un processo lineare e che richiede quello che la Mortari chiama “il tempo della cura“: un tempo che rispetta i ritmi individuali e che sa attendere con pazienza i momenti di apertura e di fiducia.
In questa giornata di riflessione e impegno, siamo chiamati a rinnovare la nostra dedizione a un sistema sanitario che mette veramente l’umanità al centro, che sa accogliere e proteggere, che sa curare non solo i corpi ma anche le anime ferite. Come ci insegna la Mortari, la cura è un’arte che richiede costante attenzione e dedizione, ma è anche il modo più profondo per riconoscere e onorare la dignità di ogni essere umano.
Solo attraverso questo approccio profondamente umano e attento possiamo sperare di creare un sistema sanitario che non sia solo un luogo di cura delle ferite, ma uno spazio di trasformazione e rinascita, dove ogni donna possa ritrovare la forza di ricostruire la propria vita libera dalla violenza e dalla paura.