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Quando un ex professore ordinario di Informatica decide di analizzare un’enciclica papale per parlare di intelligenza artificiale, il risultato non può che essere illuminante. Vincenzo Ambriola, docente e ricercatore di informatica ed esperto di etica digitale, offre una lettura sorprendentemente profonda della recente enciclica “Dilexit nos” di Papa Francesco, tracciando paralleli inediti tra spiritualità e tecnologia.

Dal codice all’etica: il percorso di un pioniere

Nato nel 1954 a Macomer, in Sardegna, Ambriola ha costruito la sua carriera accademica principalmente all’Università di Pisa, dove si è laureato con lode in Scienze dell’Informazione nel 1976. La sua evoluzione professionale è emblematica del cambiamento che l’informatica stessa ha attraversato negli ultimi decenni: dai linguaggi di programmazione e l’ingegneria del software, Ambriola ha progressivamente spostato il suo interesse verso gli aspetti etici, sociali e giuridici dell’informatica, anticipando molte delle questioni che oggi sono al centro del dibattito sull’AI.

Una lettura innovativa dell’enciclica

Nella sua analisi della “Dilexit nos”, Ambriola individua un elemento chiave spesso trascurato nel dibattito sull’intelligenza artificiale: il concetto di “cuore“. Non come mero organo fisico, ma come sede della sintesi tra razionalità ed emozione, tra capacità cognitive e comprensione profonda del mondo. “Fino a quando le macchine non avranno un cuore,” sostiene Ambriola, “interagire con loro sarà difficile, pericoloso, molto spesso casuale.

Il “mondo liquido” dell’AI

Particolarmente incisiva è la sua riflessione sul “mondo liquido” descritto nell’enciclica, dove la tecnologia detta ritmi e comportamenti. Ambriola evidenzia come questo ambiente digitale, apparentemente progettato per facilitare la vita umana, nasconda aspetti inquietanti: dalla prevedibilità algoritmica dei nostri comportamenti alla creazione di “bolle” social che amplificano opinioni distorte.

Dalla cattedra al dibattito pubblico

Il professor Ambriola rappresenta una nuova figura di intellettuale: lo scienziato che non si limita al proprio campo specifico ma cerca di costruire ponti tra discipline diverse. La sua capacità di intrecciare considerazioni tecniche, etiche e filosofiche lo rende un voce autorevole nel dibattito sull’intelligenza artificiale e il suo impatto sulla società.

Verso un nuovo umanesimo digitale

La riflessione di Ambriola si conclude con un richiamo potente alla necessità di salvaguardare l’umano nell’era dell’AI. Citando l’enciclica, ricorda che “per salvare l’umano sono necessari la poesia e l’amore“, elementi che nessun algoritmo potrà mai replicare completamente.

In un momento in cui il dibattito sull’AI oscilla tra entusiasmo acritico e paure apocalittiche, la voce di Ambriola è un invito alla riflessione equilibrata e profonda, ricordandoci che la vera sfida non è tanto tecnica quanto umana: come preservare la nostra umanità in un mondo sempre più digitale.

Beatrice Curci Intervista Vincenzo Ambriola per SANITÀ 33

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