I LEA raccontano davvero lo stato del sistema sanitario e della salute degli italiani?
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23 Luglio 2024
di Andrea Vannucci
docente di Programmazione, Organizzazione e Gestione delle aziende sanitarie DSIM — Università di Siena
Nel post pandemia sembra che la qualità dell’offerta di servizi del SSN sia migliorata, anche rispetto agli anni precedenti. Questo è quanto emerge dall’ultimo rapporto del ministero della Salute sul Nuovo Sistema di Garanzia, lo strumento che ha sostituito e ampliato la “griglia LEA” per valutare la capacità delle Regioni di erogare i livelli essenziali di assistenza sanitaria.
Come sempre avviene nei documenti che valutano la sanità, ogni Regione fa un po’ caso a sé. Questa volta, però, si nota una tendenza su scala nazionale. Quasi ovunque nel 2022 migliora l’assistenza ospedaliera: tutte le Regioni, salvo la Valle d’Aosta, raggiungono infatti un punteggio sufficiente di almeno 60 (su una scala da 0 a 100). Il valore massimo (98,35) è raggiunto dalla P.A. di Trento, seguito da Emilia-Romagna (93,50) e Toscana (92,32).
Il miglioramento non è altrettanto marcato nel caso dell’assistenza territoriale. Hanno un punteggio sotto la soglia Valle d’Aosta, Campania, Calabria, Sicilia, Sardegna. Si notano però progressi in diversi ambiti. Per esempio, aumentano i pazienti che ricevono cure palliative, migliorano i tempi di soccorso del sistema 118 che su scala nazionale si attestano a 19 minuti, calano i ricoveri prevenibili, sintomo di una buona presa in carico sul territorio.
La lacuna più grande resta la prevenzione. In questo ambito non raggiungono la sufficienza Valle d’Aosta, P.A. Bolzano, Abruzzo, Molise, Calabria, Sicilia, Sardegna. Le coperture vaccinali sono sostanzialmente stabili e solo cinque Regioni (Lombardia, P.A. Trento, Veneto, Emilia-Romagna, Campania) hanno un punteggio pieno. Va peggio sugli screening oncologici: solo tre Regioni (P.A. Trento, Veneto, Emilia-Romagna) raggiungono il 100, con sette Regioni, tutte al Centro-Sud, sotto la soglia della sufficienza. Per una volta, però, i dati non sono il risultato della politica e degli amministratori della sanità: in tutti questi casi determinanti sono gli stessi cittadini e la loro attenzione alla salute.
I Lea sono le prestazioni che il SSN è tenuto a fornire ai cittadini, “il minimo sindacale”, un superamento dei precedenti “Livelli uniformi di assistenza” e quel passaggio da “uniformi” ad “essenziali” dice molte cose sulla riduzione delle ambizioni del Sistema e sulla considerazione della ineluttabilità delle diseguaglianze tra cittadini.
Il monitoraggio dei Lea, a seguito dell’intesa Stato-Regioni del 23 marzo 2005, è attualmente affidato a un Comitato formato da quattro rappresentanti del Ministero della Salute, due rappresentanti del Ministero dell’Economia e delle Finanze, un rappresentante del dipartimento per gli Affari regionali della Presidenza del Consiglio e sette rappresentanti delle regioni designati dalla Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome. Il Comitato svolge sostanzialmente due compiti: verificare l’erogazione dei Lea in condizioni di appropriatezza ed efficienza nell’uso delle risorse e stabilire la congruità tra le prestazioni da erogare e le risorse a disposizione del Ssn.
È dal 2020 che Il monitoraggio del Ministero della Salute sui Livelli essenziali di assistenza promuove molte regioni. Un risultato sorprendente, già visibile nell’anno della pandemia, tanto che a molti son venuti dubbi sulla reale efficacia di questo sistema di valutazione.
“Il barometro è uno strumento utile perché avverte quando sta per piovere. Se segna sempre bello, qualunque siano le condizioni atmosferiche, diventa inutile e non aiuta a prendere le decisioni giuste: in questo caso se uscire di casa con o senza ombrello” (Massimo Bordignon e Gilberto Turati su la Voce.info)
In effetti già quando leggemmo il rapporto del Ministero della Salute dal titolo Monitoraggio dei Lea attraverso il Nuovo Sistema di garanzia – Metodologia e risultati dell’anno 2020 venimmo a conoscenza di risultati sorprendenti: “complessivamente, nell’anno 2020 Piemonte, Lombardia, provincia autonoma di Trento, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Toscana, Umbria, Marche, Lazio e Puglia registrano un punteggio superiore a 60 (soglia di sufficienza) in tutte le macro-aree”. Non solo, ma per quello che riguarda specificatamente l’assistenza distrettuale, risulta che quasi tutte le regioni hanno migliorato la propria performance rispetto al 2019, secondo i calcoli basati sul Nuovo Sistema di garanzia.
Lo stupore è continuato leggendo alcuni mesi fa i risultati dell’ultimo rapporto PNE ed ora quelli del Sistema di Garanzia riferito all’anno 2023.
Perché proviamo un certo grado di diffidenza? Perché sappiamo anche come con la pandemia molte prestazioni sono state rimandate, allungando in modo consistente i tempi di attesa e dunque la qualità delle cure. Il problema non sembra risolto, tanto che in questi giorni si dibatte su un Decreto Legge, dai contrastanti contenuti ed i dubbi mezzi finanziari, proprio in merito al miglioramento delle liste d’attesa.
Se la ripresa dal Covid è stata allora così consistente, come mai sia i professionisti sanitari sia cittadini non sembrano altrettanto convinti di ciò? O soffriamo di uno stato d’illusione collettiva, per cui le difficoltà di molte regioni a garantire un’assistenza sul territorio adeguata durante la pandemia sono state un’invenzione dei media oppure questo sistema di monitoraggio non funziona e “punta sempre al bel tempo, anche quando piove”.
È possibile che il sistema di garanzia dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) mostri una realtà del sistema sanitario che non corrisponde a quanto percepito dai cittadini? Questo potrebbe accadere per diverse ragioni:
- Discrepanza tra dati e percezione: I dati del sistema di garanzia LEA sono spesso basati su indicatori tecnici e oggettivi, come tempi di attesa, numero di prestazioni erogate, qualità delle strutture sanitarie, ecc. Tuttavia, la percezione dei cittadini può essere influenzata da esperienze personali, informazioni mediate dai media, o da aspettative non sempre allineate con gli standard tecnici.
- Comunicazione e trasparenza: Se i cittadini non sono adeguatamente informati sulle metriche utilizzate per valutare i LEA e sui risultati reali del sistema sanitario, potrebbero non comprendere appieno le valutazioni ufficiali. Una mancanza di comunicazione chiara e trasparente può alimentare una percezione distorta.
- Disuguaglianze territoriali: In Italia esistono differenze significative nella qualità dei servizi sanitari tra le diverse regioni. Anche se il sistema di garanzia LEA può mostrare buoni risultati complessivi, i cittadini che vivono in aree con servizi sanitari meno efficienti possono avere una percezione negativa.
- Aspettative vs. realtà: Le aspettative dei cittadini nei confronti del sistema sanitario possono essere influenzate da fattori culturali, sociali ed economici. Quando queste aspettative non sono soddisfatte, anche se il sistema di garanzia LEA indica un buon livello di assistenza, la percezione può essere negativa.
- Esperienze individuali: Le esperienze negative personali o di conoscenti possono avere un peso maggiore nella percezione generale rispetto ai dati aggregati e statistici. Un singolo episodio di cattiva assistenza può influenzare significativamente l’opinione di un cittadino sul sistema sanitario.
- Influenza dei media: I media tendono a dare maggiore risalto alle notizie negative e agli episodi di malasanità rispetto ai casi di buona sanità, influenzando così la percezione pubblica.
- Per ridurre questa discrepanza, sarà necessario migliorare la comunicazione istituzionale, aumentare la trasparenza e l’accesso ai dati, lavorare per ridurre le disuguaglianze territoriali e migliorare l’esperienza complessiva dei pazienti; quindi ripensare a molti degli indicatori scelti ed iniziare ad introdurne dei nuovi che ci informino della prospettiva dei pazienti in merito alle cure che ricevono o che si aspettano di ricevere.
Ormai la letteratura e le esperienze internazionali sull’utilità dell’adozione dei PROMS e dei PREMS per giudicare le performance dei sistemi sanitari e riconciliare il punto di vista dei pazienti con quello dei tecnici sono numerose e convincenti. È venuto il momento di adottare nuove metriche se non si vuole presentare un quadro del sistema e dei suoi numerosi servizi che è parziale e non genera quella fiducia di cui c’è bisogno, anche per affrontare i cambiamenti richiesti dall’era che stiamo vivendo.