Condividi questa storia!

Scarica l’app MyMagazine!

La lezione di Hari Seldon

L’aula era avvolta dalla penombra, il silenzio rotto solo dal ronzio leggero dei proiettori olografici. Gli studenti del primo ciclo universitario che seguivano fisicamente la lezione, seduti in semicerchio, fissavano con attenzione l’ologramma di Hari Seldon, che brillava al centro della stanza. Il suo volto aveva un’espressione calma e severa, eppure un lampo di curiosità illuminava i suoi occhi come una promessa di conoscenza.

«Benvenuti,» iniziò Seldon, con voce chiara e profonda. «Oggi parleremo, se pur brevemente, delle fondamenta della psicostoria e delle sue equazioni predittive.»

Fece una breve pausa, come se stesse scegliendo con cura le parole. «Forse vi sorprenderà sapere che la psicostoria non è poi così diversa dalla fisica delle particelle.»

Un’immagine di particelle subatomiche comparve accanto a lui, pulsanti e vorticanti in una danza imprevedibile.

«Sebbene il mondo subatomico sia dominato al suo interno da un caos non conoscibile e incontrollabile,» continuò Seldon, «quando scrutiamo i fenomeni nella loro manifestazione, ai bordi della loro ‘esistenza’ dove possiamo vederli e misurali, scopriamo schemi probabilistici straordinari.»

Fece una pausa, lasciando che il concetto si sedimentasse nelle menti degli studenti.

«Questi pattern, amplificati su vasta scala, ci consentono di formulare leggi fisiche coerenti», riprese. «La teoria della relatività generale di Einstein esemplifica magnificamente come, anche nel cuore del disordine apparente, si celi una struttura ordinata.»

L’immagine delle particelle si trasformò lentamente in folle di persone che si muovevano per le strade di città brulicanti.

«Ora», continuò Seldon, «applichiamo questo stesso principio alla psicostoria. Gli esseri umani, presi singolarmente, sono imprevedibili, hanno qualche libertà quasi come le particelle subatomiche. Ma osservate le masse — società, gruppi, nazioni — e potrete vedere l’emergere di schemi più chiari, di tendenze e probabilità che si muovono come correnti profonde sotto la superficie.»

La voce di Seldon divenne più grave. «Questa trama intricata, seppur complessa, può essere decifrata e compresa attraverso un’attenta osservazione scientifica e un’analisi rigorosa.»

Fece una pausa più lunga questa volta, lasciando che il peso delle sue parole scendesse nella mente dei giovani ascoltatori.

«È come se l’universo, pur nella sua imprevedibilità microscopica, rivelasse una logica nascosta quando osservato nel suo insieme, invitandoci a svelare i suoi segreti più profondi,» concluse Seldon.

Il volto di Hari Seldon si addolcì, le rughe attorno agli occhi si distesero in un’espressione quasi paterna. La sua voce, prima ferma e autorevole, assume un tono più caldo e riflessivo.

«Tuttavia, ricordate sempre:» iniziò, facendo una breve pausa per enfatizzare l’importanza di ciò che stava per dire, «anche se possiamo prevedere futuri con probabilità sempre maggiori, anche l’umanità nel suo complesso conserva sempre un margine di libertà, un’alea che nessuna equazione può eliminare del tutto.»

Gli studenti lo fissavano, rapiti, mentre l’ologramma sembrava brillare di una luce più intensa.

Seldon riprese, la sua voce ora intrisa di una saggezza antica: «Ricordate però che, purtroppo o per fortuna, ogni storia, corta o lunga che sia, ha la sua fine. Dalla fugace esistenza di un singolo muone, alla vasta epopea dell’umanità.»

Queste ultime parole risuonarono nell’aula, lasciando gli studenti in un silenzio carico di riflessione.

L’ologramma di Seldon iniziò lentamente a dissolversi, ma il peso delle sue parole rimase, sospeso nell’aria come una promessa e un monito per il futuro.

La luce si spense. Gli studenti rimasero a lungo in silenzio, consapevoli di aver ricevuto una lezione che trascendeva il tempo e lo spazio, una visione profonda della fragilità e della potenza della storia umana.

L’inizio della storia

La riflessione di Alessandro Santini su Alessandro Barbero e le lettere private di Cavour apre un dibattito affascinante sul futuro della storiografia. Le missive di Cavour, cariche di dettagli intimi ed emozioni personali, rappresentano una risorsa inestimabile per comprendere non solo le strategie politiche, ma anche la dimensione umana di uno dei protagonisti del Risorgimento italiano.

Parallelamente, i social media e gli archivi digitali contemporanei offrono agli storici del futuro una quantità di dati senza precedenti. Le interazioni quotidiane delle persone su piattaforme digitali — post, commenti, reazioni e condivisioni — non sono semplici cifre, ma frammenti di vita reale. Questi dati, se analizzati con cura, rivelano emozioni, opinioni e dinamiche sociali capaci di svelare tendenze socioculturali e politiche di rilevanza storica.

Immaginare il futuro della storiografia significa anche accedere a esperienze immersive nel passato. Le simulazioni virtuali non solo ricostruiscono gli eventi, ma ci consentono di vivere le emozioni e le sfumature delle dinamiche sociali che li hanno accompagnati. La semplificazione umana della storia — la tendenza a fissare figure emblematiche ignorando le sfumature — potrebbe essere superata grazie a un’analisi dei dati digitali più dettagliata e complessa.

In questo contesto, emergono nuove “contesse di Castiglione” e “Cavour” contemporanei, i cui dettagli personali e pubblici possono essere esaminati con una profondità mai vista prima. Eppure, il vero cambiamento risiede nella voce data ai “non protagonisti”, figure sfumate ma dense di umanità, simili ai soggetti nei quadri impressionisti di Monet: meno definiti ma pieni di emozione e significato. La dualità tra individui prominenti e masse anonime è un elemento essenziale della storia umana, dove ogni individuo contribuisce al tessuto sociale, indipendentemente dalla fama.

L’analisi dei big data potrebbe finalmente dare spazio a queste “comparse” della storia, arricchendo la nostra visione del passato con prospettive finora ignorate.

Predire il futuro: equazioni e big data

La capacità di prevedere il futuro ci porta alla psicostoria, la scienza immaginata da Hari Seldon nel Ciclo della Fondazione di Isaac Asimov. Questa disciplina, capace di analizzare i comportamenti delle masse attraverso modelli matematici, si avvicina alla realtà con l’avvento dell’intelligenza artificiale e dei big data. Gli algoritmi possono identificare schemi nei dati, correlare eventi storici a tendenze sociali e prevedere mutamenti politici o culturali.

Ma come Seldon si scontra con l’imprevedibilità dell’individuo, anche gli storici moderni devono fare i conti con le complessità umane. Gli algoritmi, influenzati dai pregiudizi dei loro creatori, rischiano di perpetuare narrazioni distorte. Eppure, come suggerisce Asimov:

Il singolo essere umano è imprevedibile; ma il comportamento delle masse può essere trattato statisticamente.”

La sfida consiste nel riconoscere che, sebbene le masse seguano schemi prevedibili, possono essere influenzate da eventi inaspettati o innovazioni rivoluzionarie. Il passato e il futuro, intrecciati da infinite variabili, richiedono uno sguardo attento e consapevole.

Come dice Hari Seldon:

Non si può fermare il declino, ma si può ridurre il caos e guidare l’umanità verso una nuova era di speranza.”.

La storia, quindi, non è solo una sequenza di eventi, ma un sistema complesso dove anche i dettagli più minuti hanno il potere di influenzare il futuro.

Giuseppe Orzati

Articoli recenti

    Rubriche