Il lavoro della SAS Sanitaria (Struttura Alta Sorveglianza) per il Nuovo Santa Chiara in Cisanello.
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8 Novembre 2024
di Marco Geddes da Filicaia¹ Francesca Dinelli² Rossella Giunti³
¹ Medico Igienista, già consulente della SAS Nuovo Santa Chiara in Cisanello (NSCH), già Direttore Sanitario, esperto in architettura sanitaria
²Medico Igienista, SAS Sanitaria NSCH
³Dirigente Infermieristico, SAS Sanitaria NSCH
Questo acronimo, di tre lettere – SAS – contiene il lavoro svolto per tre anni al fine di verificare e adeguare la realizzazione del Nuovo Santa Chiara alla evoluzione delle esigenze, delle innovazioni organizzative e della attuale normativa. Un compito che, chi qui scrive, ha svolto sotto il profilo sanitario – assistenziale (che è poi la funzione che si attribuisce alla “macchina ospedaliera”) consci che un adeguamento tecnologico e normativa sotto il profilo strutturale era ovviamente affidato all’ufficio tecnico dell’Azienda e in particolare al responsabile unico del procedimento (RUP).
Si è trattato di una sfida difficile e entusiasmante.
Difficile, dovendo confrontarsi con un progetto approvato e già contrattualizzato; un progetto di qualità, con un forte impatto urbanistico (percorsi, parcheggi, viabilità), lungimirante nel delineare l’allocazione delle funzioni: l’area universitaria, gli edifici direzionali, gli spazi didattici, la centrale logistica e impiantistica, gli edifici destinati alle attività di ricerca, di diagnosi e di ricovero; un progetto innovativo nella pianificazione dei trasporti tramite sistemi automatizzati (AGV) e la posta pneumatica estesa in tutta la struttura.
Una realizzazione che tuttavia andava allineata alle innovazioni organizzative, volte a rendere più fluidi i processi e applicare metodologie volte a creare il valore massimo per il paziente attraverso la riduzione degli sprechi e delle attese, individuando layout capaci di incentivare le buone pratiche e coerenti con la crescita professionale del personale infermieristico e con la diffusione della automazione e dell’informatica, per facilitare l’interazione del personale con utenti, pazienti e visitatori.
È stato inoltre necessario revisionare in dettaglio i progetti di singoli reparti e servizi (la Dialisi, la Procreazione medicalmente assistita, le Terapie intensive e le sub intensive, l’Oncoematologia, la Neonatologia ecc.) per adeguarli ad accogliere apparecchiature di recente acquisizione o previste anche nel PNRR e renderle aderenti alle recenti norme di accreditamento e alle specifiche linee guida delle diverse società scientifiche.
Un ulteriore fattore che potremmo definire veramente “sfidante” è stato quello di confrontarsi con un nuovo ospedale realizzato, per così dire “in potenza”, poiché già contrattualizzato su un progetto esecutivo prima della pandemia Covid 19, e doverne monitorare la effettiva realizzazione alla luce della esperienza pandemica, delle conseguenti normative e delle buone pratiche messe in atto dal personale sanitario in questi anni.
Ciò ha comportato una revisione dei percorsi interni alle singole aree di degenza, sottoponendo a una misurazione, sul progetto esistente, i tragitti ipotizzati per il personale infermieristico dai desk alle stanze di degenza e ai relativi locali di servizio o di lavoro; modificando conseguentemente i layout al fine di ridurre la lunghezza dei percorsi.
È stata inoltre individuata la necessità di realizzare, in ciascuna stanza di degenza, uno spazio di lavoro infermieristico con relativo lavabo. Una particolare attenzione è stata dedicata anche all’impiantistica, al fine di prevedere stanze isolate e filtrate (per pazienti immunodepressi o per infetti) con pressione positiva o negativa shuntabile.
Una specifica riflessione si è poi sviluppata su quello che viene definito lo smart hospital, vale a dire come dotare gli ambienti, e in primo luogo la stanza di degenza di una serie di elementi:
TV interattiva; chiamata infermieri tramite un contato vocale, predisposta con alcuni pulsanti differenziati che segnalano le più abituali necessità; il monitoraggio del paziente e le pompe infusionali monitorate con sistemi di allarme al desk infermieristico; controllo dei parametri ambientali etc.
Un insieme di soluzioni che interagiscano in misura rilevante con l’attività lavorativa rendendola meno onerosa, riducendo i percorsi non necessari e nel contempo migliorando la sicurezza dei pazienti e offrendo una più sollecita risposta alle loro necessità.
Si è trattato di un lavoro entusiasmante, non solo perché difficile, ma anche per altre due ragioni
La prima è rappresentata dal fatto che un’area della nuova realizzazione, vale a dire l’intero primo piano dell’edificio 34, che deve accogliere il nuovo Blocco operatorio con due Sale ibride e la Terapia intensiva, non era progettato. Si tratta pertanto dell’unica zona “a grezzo” oggetto di nuova progettazione, seppure in spazi predeterminati. Si è trattato di effettuare un processo complesso di collaborazione con i progettisti, i professionisti, e, in particolare per le Sale ibride, le imprese fornitrici delle tecnologie (Philips, GE, Siemens, Canon), con le quali si è sviluppato un lungo e proficuo confronto volto a visitare e valutare le loro realizzazioni per individuare, anche in base ai progetti di ricerca in atto da parte delle diverse industrie di tecnologie, la futura evoluzione delle tecnologie e del loro utilizzo.
La seconda ragione di entusiasmo è più complessa o, quantomeno, più generale.
Si è trattato della possibilità di partecipare alla realizzazione di un nuovo ospedale. Difatti di ciò si tratta il Nuovo Santa Chiara che sarà l’ospedale “definitivo” di Pisa.
Usiamo un termine – definitivo – provocatoriamente, consapevoli che gli ospedali sono organismi viventi, in continua evoluzione, che comportano oltre a una manutenzione ordinaria e straordinaria, anche adeguamenti e nuove realizzazioni. Tuttavia, in alcune fasi della vita di una comunità si porta a compimento una realizzazione che viene ad assumere, in un determinato spazio urbano, l’adeguata collocazione di funzioni sanitarie, assistenziali, didattiche, di ricerca, “definitiva” per un periodo storicamente dato. Ciò è quanto si è verificato a Roma, alla fine dell’Ottocento con il Policlinico Umberto primo; a Firenze ai primi del Novecento con l’ospedale di Careggi e con i successivi interventi ai primi del duemila; a Milano alla fine degli anni Trenta con il Niguarda. L’operazione “Nuovo Santa Chiara”, che ha radici lontane, a partire dagli anni Settanta, ha questa caratteristica e si completa con questa realizzazione.
In tale prospettiva l’attività della SAS si è estesa ad una inevitabile riflessione sulla connessione strutturale fra la nuova costruzione e gli edifici esistenti, che trasforma un ospedale a padiglioni in un monoblocco articolato.
Ciò ha comportato inoltre una riflessione sulla allocazione delle diverse attività anche nelle strutture esistenti, al fine di pervenire, nell’ambito di un complessivo Masterplan, ad una generale revisione delle funzioni da effettuare nei diversi padiglioni, fra essi connessi.
Cosa possiamo trarre da questa esperienza? Rispondere dettagliatamente a questo quesito comporterebbe un ulteriore, non breve, contributo.
In sintesi: la necessità di una conoscenza diretta con le esperienze più avanzate nazionali e internazionali; un esame dettagliato in itinere – che dovrà continuare in altre forme nella realizzazione dell’ospedale – al fine di una coerenza fra processi organizzativi, layout, arredi, tecnologie; un lavoro comune con le varie componenti incaricate della progettazione e della realizzazione della struttura; un confronto con il personale medico, infermieristico e tecnico per una verifica delle valutazioni delle proposte che la SAS ha progressivamente portato al progetto Nuovo Santa Chiara.
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