Le incomprensioni digitali nell’Ospedale del Futuro
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17 Aprile 2024
di Paolo Colli Franzone
Presidente IMIS – Istituto per il Management dell’Innovazione in Sanità
Parlare di Ospedale del Futuro trascurando gli aspetti relativi alle competenze digitali che saranno richieste a chi in questi ospedali ci lavorerà è un po’ come progettare una rete autostradale senza pensare agli automobilisti. Il fatto è che, probabilmente mai come in questa nuova fase di trasformazione dell’Ospedale, le tecnologie infotelematiche giocano un ruolo assolutamente centrale esattamente come – già da qualche decina di anni – lo hanno fatto e continuano a farlo quelle definite “sanitarie”.
Articolo in 5 secondi
Qual è il ruolo delle tecnologie infotelematiche negli ospedali oggi?
Le tecnologie infotelematiche sono centrali nella trasformazione degli ospedali, giocando un ruolo chiave simile a quello delle tecnologie sanitarie negli ultimi decenni.
Come è cambiato l’uso dei computer in ospedale dagli anni ’90 ad oggi?
Inizialmente usati come mero supporto, i computer sono passati da strumenti per digitalizzare documenti a sistemi complessi essenziali per la gestione ospedaliera.
Qual è la percezione comune dei medici e degli infermieri riguardo ai computer?
Molti medici e infermieri vedono i computer come complicazioni burocratiche che rallentano il loro lavoro, soprattutto quando sono urgenti.
Che problema sorge dalla mancanza di comunicazione tra medici e l’industria informatica?
L’industria informatica spesso non comprende i bisogni reali dei clinici perché le conversazioni si limitano agli informatici ospedalieri e ai responsabili amministrativi.
Qual è la proposta per migliorare la gestione delle tecnologie informatiche negli ospedali?
Si suggerisce di introdurre le figure di CMIO (Chief Medical Information Officer) e CNIO (Chief Nurse Information Officer) per rappresentare meglio i bisogni dei medici e degli infermieri e migliorare i sistemi informativi ospedalieri.
A partire dall’introduzione massiva dei computer in Ospedale (più o meno riconducibile agli anni ’90) e di Internet (una decina d’anni dopo), l’informatica ha giocato un ruolo quasi esclusivamente di mero supporto agli operatori. Ciò che sino a un giorno prima lo si faceva con carta e penna o con la macchina da scrivere, lo si è cominciato a fare utilizzando il computer.
L’industria del software specializzato per la Sanità ha, di conseguenza, prodotto applicativi finalizzati a scrivere e a memorizzare documenti.
La stragrande maggioranza di utenti (medici e infermieri) ha vissuto il suo rapporto col computer come una vera “relazione complicata”: esso veniva (e viene tuttora) percepito come “quell’aggeggio che mi fa perdere tempo in burocrazia”, nella migliore dell’ipotesi “quella diavoleria terribilmente lenta ogni volta che ho fretta di recuperare un dato”.
Parallelamente, i responsabili e gli addetti ai sistemi informativi ospedalieri vivono i loro utenti (medici e infermieri) come “quei simpatici rompiscatole capaci solo di criticare”. Va detto che molti di questi informatici lavorano in ospedale senza aver più di tanto contezza dei reali bisogni dei clinici e degli operatori sanitari: conoscono (anche molto bene) i processi, e sono convinti di avere selezionato il meglio di quanto disponibile sul mercato per mettere un reparto o un ambulatorio (o un blocco operatorio, o un Pronto Soccorso) in condizione di lavorare al meglio. Dove “al meglio” è riferito al processo produttivo visto dal punto di vista di un bravo ingegnere, non di un medico o di un infermiere.
Nella stragrande maggioranza dei casi, le scelte delle soluzioni vengono fatte da informatici e da burocrati del comparto amministrativo. È raro trovare casi in cui le grandi gare di acquisizione di sistemi informativi ospedalieri siano state fatte mettendo in Commissione i medici e gli infermieri. E se ne vedono i risultati…
Ma il problema sta ancora più a monte: medici e infermieri conoscono perfettamente il mercato dei farmaci, dei dispositivi e delle apparecchiature ospedaliere, ricevono praticamente ogni giorno la visita di informatori e/o funzionari commerciali pagati per fare questo lavoro di “evangelizzazione”. La stessa cosa non succede nell’informatica, dove i produttori parlano esclusivamente con gli informatici interni e – tuttalpiù – con i responsabili della Direzione Amministrativa. Fanno così perché “il capo dei sistemi informativi non vuole che io parli coi medici, altrimenti si sente sminuito”.
Quandanche un medico fosse coinvolto in una Commissione di gara, dovrebbe valutare “n” prodotti tra quelli qualificati, senza avere una panoramica complessiva del mercato.
E così si perpetua da decenni un rapporto davvero complicato fra l’informatica e gli operatori sanitari, fatto di incomprensioni (nessuna delle due categorie conosce davvero l’altra) e di aspettative deluse.
L’affermazione “i medici e gli infermieri non capiscono nulla di informatica e non sanno di cosa hanno bisogno”, tanto cara ai capi dei sistemi informativi ospedalieri, è falsa. Poteva essere vera trent’anni fa, ma oggi non lo è più. Magari non sanno cos’è un microprocessore, o non conoscono la differenza fra un’architettura Client-Server e una 3-tier (e fin qui non c’è niente di male), ma sanno perfettamente di cosa avrebbero bisogno, e saprebbero spiegarlo perfettamente ai produttori di software se solo queste due categorie potessero parlarsi fra loro.
Se ci proiettiamo nell’Ospedale del Futuro, quello che utilizza i computer e la Rete per ottenere supporto decisionale clinico, strumenti di analisi predittiva, soluzioni di ottimizzazione della produzione, ci rendiamo conto di quanto sia fondamentale rompere il muro che separa da sempre gli operatori sanitari dal mercato, e quanto debba radicalmente cambiare il mestiere del CIO ospedaliero.
Personalmente appartengo da almeno un decennio alla categoria di coloro i quali ritengono che il CIO in un Ospedale lo debba fare un Medico. Dopodiché, visto che di Medici in grado di diventare CIO in giro non ce ne sono (se parliamo di Italia), la soluzione ideale è rappresentata dall’introduzione di due “nuove” professioni: il CMIO (Chief Medical Information Officer) e il CNIO (Chief Nurse Information Officer).
CMIO e CNIO affiancano il “vecchio” CIO rappresentando i reali bisogni di medici e infermieri, relazionandosi direttamente con l’industria del software.
Il CIO torna a fare il suo vero mestiere di governatore delle tecnologie e dei flussi informativi, raccogliendo le esigenze e le aspettative e traducendole in quotidianità.
Anche l’industria del software trarrebbe un enorme beneficio dall’introduzione sistematica di CMIO e CNIO negli ospedali italiani (ad oggi, ce ne saranno 5-6 in tutto): avere Clienti che “ti mettono di fronte a sfide, chiedendoti di più” è bello perché ti costringe a ripensare completamente i tuoi prodotti, facendoli diventare dei “veri” sistemi informativi ospedalieri del futuro.
Un discorso a parte lo merita l’aspetto relativo al valore del software, e – di conseguenza – ai prezzi di mercato. Scordiamoci di fare gli Ospedali del Futuro coi prezzi attuali del software, con le gare al massimo ribasso e coi fornitori del tipo “A Frà, che’ tte serve?”.
Tornando ai nostri CMIO e CNIO, le Università devono sfornare nuove generazioni di medici e infermieri davvero capaci di governare (conoscendole davvero) le tecnologie informatiche e di esprimere i loro bisogni in un linguaggio comprensibile agli informatici. E, viceversa, gli informatici devono fare lo sforzo di entrare maggiormente nel merito dei processi di diagnosi, terapia e cura, non guardandoli con l’occhio dell’ingegnere ma mettendosi davvero nei panni degli operatori sanitari.