
Il manifesto “La salute bene comune” declina in sette punti le aree di intervento su cui sarebbe necessario intervenire anche per evitare uno scivolamento del SSN verso il basso in termini di prestazioni e di tutele, se non addirittura un vero e proprio declino.
Vorrei concentrare il focus sul punto 4 del manifesto; già il titolo “Equità e sostenibilità” lo rende tra i più sfidanti e quello che a mio parere richiede interventi radicali e solleciti. In queste settimane il dibattito nel mondo sanitario si arricchisce di due nuovi capitoli, quello legato ai poteri sostitutivi del Governo nei confronti delle Regioni “inadempienti” sui tempi di attesa e quello spinoso delle regole di ingaggio dei medici di medicina generale.
I temi sono lo specchio di una difficoltà ad affrontare con strumenti nuovi temi apparentemente semplici. Per esempio sul tema tempi di attesa la ricetta fin qui individuata è stata quella di destinare risorse per incentivare i professionisti delle strutture pubbliche e comprare più prestazioni dai privati. Ora è evidente che le strutture pubbliche scontano una stanchezza che viene da lontano e dal covid in particolare e una carenza di professionisti per cui aperture di agende di sera e nei fine settimane sono un ulteriore sacrificio che rende per altro sempre meno appetibile lavorare nei nostri ospedali. Forse le poche risorse disponibili andavano indirizzate ad assunzioni nel pubblico che superino gli annosi tetti di spesa e non a incentivare i privati in una logica meramente prestazionale. Aggiungo che come sanno gli addetti ai lavori l’incremento di offerta sanitaria ha un effetto di calmiere temporaneo sui tempi di attesa, ma poi la domanda aumenta e i tempi di attesa pure in un circolo vizioso senza fine. La domanda sorge spontanea: a quando un lavoro serio sulla appropriatezza delle prestazioni? Si stima che una percentuale rilevante di prestazioni ambulatoriali è inappropriata e impedisce l’accesso a chi ha un effettivo bisogno.
È necessario che i programmatori politici vadano oltre un orizzonte temporale che guarda a domani e ragionino con un orizzonte temporale più ampio, mettendo a terra iniziative concrete per la presa in carico della cronicità (e la conseguente programmazione delle prestazioni appropriate). Questo è un tema strategico, con l’invecchiamento della popolazione e l’aumento dei portatori di una o più patologie croniche non può più permanere l’attuale organizzazione sanitaria con al centro l’ospedale e il Pronto soccorso come estrema risposta ai bisogni di salute.
E qui entra in gioco la medicina territoriale (che dovrebbe occuparsi in primis della presa in carico della cronicità per evitare il ricorso in prima battuta agli ospedali) di cui tutti parlano criticamente, ma proviamo a darle un nome e cognome. Che cosa è la medicina territoriale che non funziona? Si chiama sistema di cure primarie, ovvero un sistema di cure primarie che ha messo insieme nelle AFT o in rete medici di medicina generale che si sono organizzati in gruppo con l’obiettivo dichiarato di migliorare l’assistenza; in realtà l’attuale organizzazione è basata prevalentemente sul ricevere previo appuntamento con il risultato che i Pronto soccorso sono sommersi da codici bianchi e verdi. E così in diversi casi il programmatore politico, invece di favorire il ritorno dei codici bianchi e verdi ai Medici di medicina generale, ha chiesto agli ospedali di aprire ambulatori per i codici bianchi presso i PS (sigh!).
Ora più che mai è tempo di rivedere il sistema delle cure primarie: più ore di ambulatorio ad accesso diretto e senza appuntamento, una gamma di prestazioni ambulatoriali “di base” erogabili direttamente dai medici di famiglia , ore di presenza nelle Case di Comunità a favore della comunità e non solo dei propri pazienti, obbligo di effettuare i vaccini durante le campagne vaccinali (oggi è facoltativo con il risultato che gli ospedali devono “vicariare” i Medici di famiglia non aderenti organizzando ambulatori vaccinali o ingaggiando le farmacie) e di effettuare i tamponi in caso di necessità. Oggi molti cittadini per vedere il proprio medico devono prendere un appuntamento, magari a mezzo app. Spesso ci vogliono vari giorni. Semplicemente questo è uno dei motivi per cui i Pronto soccorso sono oberati di lavoro certamente inappropriato per un presidio di emergenza urgenza.
In base alla mia esperienza credo che oggi sia l’ultima occasione. Non c’è corporativismo che tenga, non ci sono alibi. Un sistema sanitario “equo” offre l’assistenza in base al bisogno di salute in una rete con diversi livelli di complessità e di organizzazione, in cui nessun attore a partire dal Medici di medicina generale può chiamarsi fuori; un sistema sanitario “sostenibile” è quello che destina le risorse al principale protagonista che è la sanità pubblica per evitare uno squilibrio nell’assegnazione di risorse a favore di privati, che già oggi rappresentano una enorme quota del “mercato sanitario” e che avendo una logica prevalentemente prestazionale sono in grado di condizionare le decisioni pubbliche, come si è visto recentemente con la mancata entrata in vigore per lungo tempo del nuovo nomenclatore tariffario considerato economicamente poco conveniente.